"Ecco la nuova Algeri: invece della piaga delle lebbra, che ha insudiciato il golfo
e le pendici del Sahel, ora c’è l’architettura ... il gioco magistrale, corretto
e magnifico delle forme nella luce"
Nel 1930, in concomitanza con il centenario del dominio francese in Algeria, Le Corbusier inizia a elaborare un piano per lo sviluppo urbanistico di Algeri. L'architetto svizzero ritiene, infatti, che la città sia destinata a diventare la capitale del Nord Africa, nonché un centro internazionale del Mediterraneo al pari di Barcellona o Marsiglia. Il progetto urbanistico lo occuperà per undici anni, tra il 1931 e il 1942, con la definizione di sei progetti che innescarono un ampio dibattito pubblico, ma non furono mai realizzati.
Il piano Obus si articolava in due elementi principali: un nuovo distretto finanziario e commerciale – da costruire demolendo parte della Casbah –, e un nastro autostradale inarcato lungo la costa, al quale si collegavano sei piani sottostanti e dodici superiori, dove ciascuno avrebbe potuto realizzare la propria abitazione. Complessivamente, la struttura avrebbe potuto ospitare fino a 180.000 persone.
Concepita come una città lineare, la nuova Algeri rispondeva alle quattro funzioni fondamentali individuate da Le Corbusier: abitare; lavorare; coltivare il corpo e lo spirito; circolare. D'altra parte, nella ricerca di una soluzione per problemi urbanistici universali, il piano Obus, trasformava radicalmente il paesaggio, ribadiva la separazione tra lavoratori ed élites europee, minimizzava le tradizioni sociali e culturali algerine. E se da un lato, negli scritti di quegli anni, Le Corbusier si dichiara entusiasta dell'architettura vernacolare, dei giardini e delle terrazze di Algeri, dall'altro privilegia un’architettura razionale che abbandona ogni ricerca di un "primitivismo poetico" per inserire nel tessuto urbano edifici preindustriali.