Solo il futuro sopravvive
- Diego Ferrante
- 14 dic 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 19 mar

CIELI SILENZIOSI
Nel 2018 la rivista Science ha pubblicato i risultati di un’analisi condotta in Nord America sullo stato di salute della popolazione aviaria. Gli esiti hanno accresciuto la preoccupazione tra i ricercatori e le associazioni conservazioniste, decretando una crisi ormai conclamata: dal 1970 il numero di uccelli negli Stati Uniti e in Canada è calato del 29%, che corrisponde alla perdita di quasi 3 miliardi di esemplari. Il dato non riguarda solo quei volatili da tempo presenti negli elenchi degli animali a rischio di estinzione, ma coinvolge anche le specie più diffuse come passeri, ghiandaie, colombe o pettirossi, la cui scomparsa potrebbe avere un impatto disastroso sui loro ecosistemi.
I ricercatori, appartenenti a università, associzione e agenzia governative, hanno esaminato i registri redatti negli anni dai bird-watcher per stimare la popolazione di ogni specie a partire dal 1970, il primo anno per cui abbiamo dati considerati attendibili. Se alcune sono aumentate, un’ampia maggioranza ha visto assottigliarsi in modo drastico il numero dei suoi esemplari con un deterioramento complesssivo dello stato di salute degli uccelli nel mondo. Nonostante lo studio non fosse disegnato per individuare le cause di questo crollo, i risultati hanno hanno permesso di evidenziare alcune delle minacce principali alla sopravvivenza dei volatili: i cambiamenti climatici, la perdita di habitat naturali e, contestualmente, l’intensificazione del settore agricolo. Segnatamente, l’uso di pesticidi neonicotinoidi renderebbe più difficile per gli uccelli raggiungere il peso necessario ad affrontare la migrazione, ritardandone o compromettendone la partenza.
I radar meteorologici hanno offerto un ulteriore strumento per tracciare la popolazione aviaria. Il gruppo di ricerca, infatti, ha conteggiato gli uccelli rilevati dal 2007 al 2018 dagli schermi di 143 stazioni in tutti gli Stati Uniti, concentrandosi in particolare sulla stagione migratoria. I dati hanno attestato una riduzione del 14%, in accordo con i valori estrapolati dai registri dei bird-watcher.Tra i gruppi più colpiti gli uccelli canori, la cui popolazione è calata di 617 milioni, e i merli (440 milioni in meno). Anche gli storni – considerata una specie infestante dopo la loro introduzione negli Stati Uniti nel 1890 – hanno visto scomparire 83 milioni di esemplari, una percentuale pari al 49%.
TUTTO È PIENO DI SEGNI
Nella Grecia antica di Omero, così come nel mondo latino ed etrusco, era pratica diffusa leggere il futuro nel volo e nel canto degli uccelli. Si credeva che queste creature, forse perché appartenenti al cielo, potessero essere un tramite tra l'uomo e gli dèi rivelando quanto era destinato ad accadere. Per interpretare i presagi bisognava riconoscere la specie, notare se gli uccelli volassero da soli o in gruppo, la direzione del volo e il luogo in cui si posavano. Altri fornivano auspici attraverso il canto e ne andava studiato il tono o la frequenza.
L’ornitomanzia era basata sulla convinzione che esistesse una corrispondenza tra ogni parte dell’universo, e anche per questa ragione molti trattati l’associano all’astrologia ("Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso"). Di questo avviso era Plotino che, ne Le Enneadi, sostiene che le pratiche divinatorie non sono fondate sulla capacità degli astri o degli uccelli di influenzare gli eventi umani, bensì sulla loro consonanza. Chi alza lo sguardo al cielo e ne conosce la grammatica, guarda gli uccelli come fossero lettere e ne ricava il senso secondo analogia. Il volo degli stormi si limita a descrivere quel che accade.
ORIZZONTI D'ATTESA
In un testo pubblicato in Italia da Sellerio nel 2007, Hartog concentra la sua scrittura sull’ascesa della categoria del presente, che a suo avviso si è imposto come orizzonte dominante del nostro tempo. L’intero testo si avvale della nozione di regime di storicità per esaminare il rapporto che ogni società intreccia con il suo passato e con il futuro. Si tratta di uno strumento prospettico che aiuta a comparare modalità differenti di relazione tra uomo e storia, e a meglio comprenderne i momenti di crisi. Per Hartog, sebbene il regime di storicità moderno avesse già mostrato faglie e smottamenti, la sua crisi è stata sancita da alcuni eventi del recente passato. Il più emblematico è il crollo del muro di Berlino nel 1989 e con esso dell'idea del prossimo avvento della Rivoluzione comunista. Il presentismo in cui saremmo ancora immersi è nato da questa breccia, e si esplicita in un presente che valorizza l’immediato e occupa, statico, l’intero campo visivo.
Per lo storico francese siamo diventati una società fredda (distinzione mutuata dalle ricerche di Levi-Strauss), preoccupata solo dal preservare la sua esistenza senza interiorizzare la storia per farne un motore di sviluppo. Il tempo si è come arrestato, causando l’apparizione di tratti patologici nel modo in cui i soggetti si rapportano con il passato e con il futuro. Abbiamo sempre più a che fare “con un passato dimenticato o troppo ricordato, con un futuro che è quasi scomparso dall’orizzonte o con un avvenire prevalentemente minaccioso”. La nostra capacità di ricordare è compressa, eppure assistiamo a una tendenza del presente a storicizzarsi all'istante, con una continua espansione del problema della tutela, catalogazione, e valorizzazione della memoria. Simili misure, che patrimonializzano il passato, trasformano la percezione che abbiamo del futuro, il quale assumerà i contorni vaghi dell’apocalisse: dal futuro bisogna difendersi, anticipandone le mosse e i pericoli. (Emendando, di fatto, l’apertura su ciò che è radicalmente nuovo).
Grazie alle possibilità offerte dallo sviluppo dell’informatica, si è costituita una vera e propria "tecnologia del rischio", che fa appello al virtuale e alle simulazioni. In un universo incerto, la scelta non comporta una sola proiezione sul futuro. Non si tratta più di "prevedere il futuro", ma di "misurare gli effetti sul presente di questo o di quel futuro”. (Hartog, Regimi di storicità)
Questa dimensione balza subito agli occhi per quanto riguarda, ad esempio, il tema ecologico, ma la commistione di incertezza e immutabilità descritta da Hartog coinvolge tutta l’esperienza contemporanea del tempo. Le innovazioni tecnologiche hanno diffuso un’ideologia del presente che alimenta un senso di precarietà e solitudine, mentre la mancanza di coesione sociale e la polarizzazione della ricchezza hanno prodotto una disuguaglianza ormai insostenibile, ma percepita dai più come naturale. Come resistere a questa perdita di terreno che non consente di elaborare il passato e non riconosce un orizzonte inaugurale all'attesa? Dove intravedere una via d’uscita?